sabato 4 maggio 2013

Risposta all'articolo apparso sul The Times: “l'ascesa di Mas”


L'articolo recentemente pubblicato sul “The Times” sulle cause economiche dell'indipendenza catalana non aiuta ad avere né visione neutrale né equilibrata su quello che è in ballo in Catalogna.

Brevemente, l'articolo descrive la Catalogna come una regione ricca ma egoista che, in tempo di crisi, fugge di fronte alle proprie responsabilità nei confronti delle regioni più disagiate. Oltretutto, afferma che una Catalogna indipendente sarebbe più povera ed eccessivamente indebitata.

E' comprensibile che nel mezzo della peggior crisi economica degli ultimi tempi e con l'euro in piena lotta per la sopravvivenza, un conflitto politico all'interno di uno stato membro dell'UE sia visto come un rischio per l'Unione stessa e per Eurolandia. Tuttavia, ciò non giustifica la disinformazione nei confronti dei lettori.

In primo luogo, i debiti regionali sono solo una piccola frazione del debito pubblico della Spagna. Secondo le rilevazioni di dicembre 2012, il debito delle regioni rappresenta solo un 17,6% del PIL spagnolo, mentre quello del governo spagnolo ammonta al 72,54% del PIL, quello dei comuni a un 4% e quello degli enti previdenziali al 1,6%, per un totale del 84,2% del PIL.

Malgrado sia vero che la Catalogna è una delle autonomie più indebitate, è anche vero che le regioni col debito più elevato (Catalogna, Valencia e le Isole Baleari) sono quelle che hanno contribuito maggiormente al trasferimento verso le altre regioni (tra il 6% e il 14% del proprio PIL) e sono anche quelle che hanno ricevuto finanziamenti insufficienti per investire in educazione, sanità e servizi sociali.

Se la Catalogna decidesse democraticamente di separarsi dalla Spagna, vantando un passivo di 50 miliardi di euro e un PIL di circa 200 miliardi, il proprio debito rappresenterebbe solo il 25% del proprio prodotto interno lordo, sicuramente uno dei più esigui del mondo!

Se il processo avrà una soluzione negoziata civilmente, vale a dire la Spagna sarà  disposta ad accettare qualunque risultato del referendum senza bloccare l'ingresso della Catalogna nell'UE, Barcellona si prenderà carico di una parte proporzionale del debito pubblico spagnolo come prenderà possesso di una parte dei beni dello Stato, seguendo le indicazioni della Convenzione di Vienna del 1983 sulla Successione degli Stati rispetto ai beni pubblici. In questo caso probabilmente la Catalogna indipendente nascerebbe con un debito pubblico simile a quello spagnolo (tra il 90% e 100% del PIL).

Sul piano del commercio, le esportazioni internazionali della Catalogna, per la prima volta nel 2011, hanno superato quelle della Spagna e la tendenza è in aumento. Ovviamente la Spagna continuerà ad essere uno dei maggiori partner commerciali della Catalogna. I boicottaggi economici possono avere effetti nocivi solo nel breve termine. Anche in casi estremi come per paesi che entrarono in conflitto bellico tra di loro, quali la Serbia e la Croazia, i rapporti commerciali si normalizzarono entro pochi anni.

D'altro canto, malgrado la perdita di una regione industriale e dinamica nel breve termine può rappresentare un problema per la Spagna, sono sicura che nel medio e lungo termine ciò sarà positivo e sarà la chiave per liberare il potenziale spagnolo, una volta portate a termine alcune riforme strutturali ed una volta rimosse quelle élite che hanno approfittato delle sovvenzioni invece di investire in competitività e produttività. Oltretutto, una volta che il nazionalismo spagnolo si sarà liberato della propria ossessione di controllo sulle competenze trasferite in Catalogna, non sarà più necessaria la duplicazione dei poteri e dei controlli che ha reso l'amministrazione pubblica spagnola una delle più ridondanti sul panorama europeo.

Auspico che le preoccupazioni del “The Times” siano incanalate nell'assicurare che la Spagna risponda a questo conflitto con la stessa eleganza e democrazia che ha contraddistinto il Primo Ministro britannico di fronte alla richiesta di referendum in Scozia: “Ho sempre mostrato rispetto per gli scozzesi, loro hanno votato un partito che vuole celebrare un referendum e io ho fatto il possibile affinché questo referendum sia decisivo, legale e giusto.”


 

Elisenda Paluzie

Docente della Facoltà di Economia

Università di Barcellona
 
 
 
 
 

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