L'articolo
recentemente pubblicato sul “The Times” sulle cause economiche
dell'indipendenza catalana non aiuta ad avere né visione neutrale né
equilibrata su quello che è in ballo in Catalogna.
Brevemente,
l'articolo descrive la Catalogna come una regione ricca ma egoista che, in
tempo di crisi, fugge di fronte alle proprie responsabilità nei confronti delle
regioni più disagiate. Oltretutto, afferma che una Catalogna indipendente
sarebbe più povera ed eccessivamente indebitata.
E' comprensibile
che nel mezzo della peggior crisi economica degli ultimi tempi e con l'euro in
piena lotta per la sopravvivenza, un conflitto politico all'interno di uno
stato membro dell'UE sia visto come un rischio per l'Unione stessa e per
Eurolandia. Tuttavia, ciò non giustifica la disinformazione nei confronti dei
lettori.
In primo luogo, i
debiti regionali sono solo una piccola frazione del debito pubblico della
Spagna. Secondo le rilevazioni di dicembre 2012, il debito delle regioni
rappresenta solo un 17,6% del PIL spagnolo, mentre quello del governo spagnolo
ammonta al 72,54% del PIL, quello dei comuni a un 4% e quello degli enti
previdenziali al 1,6%, per un totale del 84,2% del PIL.
Malgrado sia vero
che la Catalogna è una delle autonomie più indebitate, è anche vero che le
regioni col debito più elevato (Catalogna, Valencia e le Isole Baleari) sono
quelle che hanno contribuito maggiormente al trasferimento verso le altre
regioni (tra il 6% e il 14% del proprio PIL) e sono anche quelle che hanno
ricevuto finanziamenti insufficienti per investire in educazione, sanità e
servizi sociali.
Se la Catalogna
decidesse democraticamente di separarsi dalla Spagna, vantando un passivo di 50
miliardi di euro e un PIL di circa 200 miliardi, il proprio debito
rappresenterebbe solo il 25% del proprio prodotto interno lordo, sicuramente
uno dei più esigui del mondo!
Se il processo avrà
una soluzione negoziata civilmente, vale a dire la Spagna sarà disposta ad accettare qualunque risultato del
referendum senza bloccare l'ingresso della Catalogna nell'UE, Barcellona si
prenderà carico di una parte proporzionale del debito pubblico spagnolo come prenderà
possesso di una parte dei beni dello Stato, seguendo le indicazioni della
Convenzione di Vienna del 1983 sulla Successione degli Stati rispetto ai beni
pubblici. In questo caso probabilmente la Catalogna indipendente nascerebbe con
un debito pubblico simile a quello spagnolo (tra il 90% e 100% del PIL).
Sul piano del commercio, le esportazioni internazionali della
Catalogna, per la prima volta nel 2011, hanno superato quelle della Spagna e la
tendenza è in aumento. Ovviamente la Spagna continuerà ad essere uno dei
maggiori partner commerciali della Catalogna. I boicottaggi economici possono
avere effetti nocivi solo nel breve termine. Anche in casi estremi come per
paesi che entrarono in conflitto bellico tra di loro, quali la Serbia e la
Croazia, i rapporti commerciali si normalizzarono entro pochi anni.
D'altro canto,
malgrado la perdita di una regione industriale e dinamica nel breve termine può
rappresentare un problema per la Spagna, sono sicura che nel medio e lungo
termine ciò sarà positivo e sarà la chiave per liberare il potenziale spagnolo,
una volta portate a termine alcune riforme strutturali ed una volta rimosse
quelle élite che hanno approfittato delle
sovvenzioni invece di investire in competitività e produttività. Oltretutto,
una volta che il nazionalismo spagnolo si sarà liberato della propria
ossessione di controllo sulle competenze trasferite in Catalogna, non sarà più
necessaria la duplicazione dei poteri e dei controlli che ha reso
l'amministrazione pubblica spagnola una delle più ridondanti sul panorama
europeo.
Auspico
che le preoccupazioni del “The Times” siano incanalate nell'assicurare che la
Spagna risponda a questo conflitto con la stessa eleganza e democrazia che ha
contraddistinto il Primo Ministro britannico di fronte alla richiesta di
referendum in Scozia: “Ho sempre mostrato rispetto per gli scozzesi, loro hanno
votato un partito che vuole celebrare un referendum e io ho fatto il possibile
affinché questo referendum sia decisivo, legale e giusto.”
Elisenda Paluzie
Docente della Facoltà di
Economia
Università di Barcellona
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